Recensione! Sette anni di felicità, E. Keret

Benvenuti o bentornati! Oggi parlo di un libro che pensavo fosse un romanzo ma che si è rivelato essere praticamente un libro autobiografico. Insomma, ho capito tutto della trama fin da principio. 



Sette anni di felicità, Etgar Keret
Tradotto da: Vincenzo Mantovani
Anno: 2016
Casa editrice: Feltrinelli
Collana: Universale economica Feltrinelli
Trama: Se un razzo ci può cascare in testa in qualsiasi momento, che senso ha mettersi a lavare i piatti? E gli uccellini del gioco Angry Birds, lanciati a tutta velocità contro fragili case, non assomigliano a dei furiosi terroristi? Negli ultimi sette anni, Etgar Keret ha avuto molte ragioni per stare in pensiero. Suo figlio Lev è nato nel bel mezzo di un attentato terroristico a Tel Aviv. Suo padre si è ammalato. Tremende visioni del presidente iraniano Ahmadinejad che lancia invettive antisemite lo perseguitano. E Devora, l’implacabile venditrice di un call center, sembra determinata a seguirlo anche all’altro mondo. Con un’ironia fulminante e la sua speciale capacità di cogliere del buono dove meno te l’aspetti, Keret si muove con disinvoltura tra il personale e il politico, il faceto e il terribilmente serio, per raccontare i suoi ultimi sette anni a Tel Aviv: un condensato di vita, humour ed emozione.
Recensione: Avevo messo il libro nella lista dei desideri dopo aver letto una citazione, pensando che la storia al suo interno fosse inventata, non la vita dell'autore. Non credo di aver letto bene la trama o magari l'ho confusa con quella di un altro libro perchè, quando ho iniziato a leggere, ho compreso che era una raccolta di pensieri che l'autore ha scritto durante i primi sette anni di vita del figlio. In tutta onestà, niente di eccezionale però mi ha fatta sorridere e soprattutto riflettere su qualcosa che non conosco: la cultura israeliana. Voglio solo parlare del libro e di quello che mi ha trasmesso, anche se la storia del luogo in cui vive Keret, di sicuro lo ha influenzato così come accade con la cultura e tutti gli altri abitanti.
Le due tematiche su cui mi vorrei soffermare sono l'antisemitismo e la guerra. Per quanto riguarda la prima tematica, Keret ci parla molto dell'essere figlio di una coppia di Sopravvissuti all'Olocausto. Racconta della vita di sua madre nel ghetto di Varsavia, di suo padre appena maggiorenne nella Sicilia gestita dalla mafia, del tornare nei paesi da cui i suoi genitori sono dovuti fuggire. Mi ha colpito molto il capitolo in cui dice che in Germania si è sentito particolarmente teso per via di quello che vedeva e sentiva dire sugli ebrei. Purtroppo l'antisemitismo c'è ancora e mi è piaciuto il suo ragionamento sul diventare praticamente paranoici, quando una cosa ci fa paura, da trovarla ovunque. 
Per quanto riguarda la guerra, devo dire che sono sconvolta dall'aver scoperto che per gli israeliani è praticamente normale essere in una guerra. Mentre leggevo questo libro, stavo leggendo anche 21 lezioni per il XXI secolo di Harari, anch'esso israeliano, ed entrambi considerano come la guerra faccia parte da sempre della storia di Israele. Tant'è che nella raccolta di Keret, troviamo un aneddoto in cui l'autore parla di come, al terzo anno di vita del proprio figlio, sia normale decidere se farà il servizio militare o no. So che un tempo era obbligatorio, addirittura e mi ha colpito molto questa parte. Non in senso positivo ovviamente. 
Non so se consigliarvelo perchè a me, a parte qualcosa sulla cultura israeliana, ha lasciato poco. Però, se vi piacciono le raccolte di racconti autobiografici, vi piacerà. Mal che vada, avrete sprecato tempo solo per circa 160 pagine. 
Voto finale: 3/5

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