Recensione! Che fine ha fatto il tuo cuore, S. Rossotti
Si può
leggere un libro in un'ora? Certo e ora ve ne parlo pure.
Che fine ha fatto il tuo cuore,
Stefania Rossotti
Editore: Mondadori
Anno:2013
Collana: Strade blu
Trama:Ci sono parole per raccontare la ferocia
dell'amore materno? La più tragica, la più diffusa e taciuta, delle incapacità
di amare? Stefania Rossotti prova a farlo, ascoltando le figlie, diventate
adulte. Raccogliendo storie quotidiane, eppure fortissime. Storie uniche,
private, ma in cui ogni donna può scoprire un pezzo di sé. La figlia che è
stata, la madre che è oggi. O la madre che non ha potuto, o voluto, essere. Per
fermare la catena di quel disamore: di madre in figlia.
Le
loro parole svelano ferite tenute nascoste, e provano a curarle con il ricordo.
A volte, non sempre, con il perdono.
C'è la
madre che muore di cancro, e anche in ospedale allontana la figlia da quel
mondo tutto suo che non l'ha mai compresa, negandole la possibilità di curarla,
di accompagnarla alla fine, di volerle bene. E c'è la figlia, invece, che vuole
poterle ricordare, quelle loro ultime ore. Vorrebbe una carezza. La prima.
C'è la
madre spietata, pietrificata dalla perdita di un figlio, il primo, che le ha
portato via tutto l'amore di cui era capace, e tutte le lacrime. E c'è la
figlia che non si sente abbastanza figlia per obbligarla a essere ancora madre.
C'è la
mamma che ha deciso di morire suicida, e la figlia che ha cercato di
dimenticarla fino a oscurarne il viso. E che oggi ha paura di provare
nostalgia, al punto da cancellare i volti dei suoi stessi figli quando è
lontana da casa.
C'è la
madre di ghiaccio, a cui l'Alzheimer ha tolto ogni paura per lasciar posto alla
dolcezza. E la figlia, cresciuta in un mondo senza sentimenti, che ora non può
fare a meno di quella vecchia folle, tenera e accessibile.
C'è la
mamma che ha assistito, per anni, in silenzio all'abuso della sua bambina, che
è riuscita a sopravvivere, ma non a perdonarla. E quella prigioniera della
depressione, diventata una «tigre indifferente», incapace di vivere e di
insegnare a vivere.
C'è la
madre soffocata, prima che dall'alcol che la devasta, da un bisogno ossessivo
di perfezione. E quella incapace di carezze, abituata a raggiungere la figlia
solo con lo sguardo: implacabile, giudicante.
Madri
feroci e fragili. E figlie, soprattutto. Per loro c'è il sollievo del racconto,
la possibilità di ritrovarsi lì dove tutto è cominciato: in quel primo
terribile amore. E poi, magari, di sentire - sommessa, ma potente - anche la
voce della mamma che hanno avuto. Che chiede perdono.
O
soltanto il diritto di essere come è, o come è stata: sbagliata.
Recensione: ho deciso di leggere questo libro quando uscì
perchè avevo letto qualcosa su un giornale (penso cosmopolitan). Io sono molto
interessata ai traumi infantili o a storie vere in generale e ho pensato che
fosse il libro per me. E' toccante ma lo stile dell'autrice è orribile: frasi
brevi, narrazione veloce, flashback improvvisi e molto spesso tanta confusione
e distanza. Non sono riuscita ad apprezzare un paio di questi racconti perchè
non si capiva granchè e ciò mi dispiace dato che l'idea era meravigliosa ma
l'autrice non ha saputo sfruttarla davvero, a mio parere. Avrebbe potuto
spiegarsi meglio, evitare di fermarsi su un solo periodo della vita di queste
donne ma fare almeno uno schema generale della loro vita, cosicchè il lettore
potesse capire appieno ogni storia. Purtroppo non è andata così e non ho
apprezzato il libro quanto avrei sperato di fare.
Voto Finale:3/5
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