Recensione! Se ti abbraccio non aver paura, F. Ervas
È il secondo libro che leggo quest'anno che parla di autismo. Questo però parla di una storia realmente accaduta. C'è differenza tra fiction e realtà romanzata però?
Se ti abbraccio non aver paura, Fulvio Ervas
Anno: 2012
Casa editrice: Marcos y Marcos
Trama: Il verdetto di un medico ha ribaltato il mondo. La malattia di Andrea è un uragano, sette tifoni. L’autismo l’ha fatto prigioniero e Franco è diventato un cavaliere che combatte per suo figlio. Un cavaliere che non si arrende e continua a sognare. Per anni hanno viaggiato inseguendo terapie: tradizionali, sperimentali, spirituali. Adesso partono per un viaggio diverso, senza bussola e senza meta. Insieme, padre e figlio, uniti nel tempo sospeso della strada. Tagliano l’America in moto, si perdono nelle foreste del Guatemala. Per tre mesi la normalità è abolita, e non si sa più chi è diverso. Per tre mesi è Andrea a insegnare a suo padre ad abbandonarsi alla vita. Andrea che accarezza coccodrilli, abbraccia cameriere e sciamani. E semina pezzetti di carta lungo il tragitto, tenero pollicino che prepara il ritorno mentre suo padre vorrebbe rimanere in viaggio per sempre.
Recensione: Non sapevo cosa aspettarmi da questo libro, l'ho preso solo perché ne avevo sentito parlare e mi piacciono le storie vere. Purtroppo il libro è romanzato, quindi lo stile narrativo ha influenzato tantissimo la percezione che ho avuto del viaggio di Andrea e Franco. Prima di tutto, mi è sembrato di dover mettere in discussione gli eventi: è una storia vera raccontata da Ervas o una storia a cui si è ispirato. Pare che sia completamente vera.
Lo stile narrativo è uno dei peggiori per me: una sorta di flusso di coscienza unito a metafore. Le prime cento pagine sono state molto difficili, poi mi sono arresa a questo modo di scrivere che proprio non apprezzavo. In più, non ho capito che è lo stile dell'autore o altro ma il padre di Andrea mi è sembrato abbastanza antipatico e, in questo continuo elencare nomi e luoghi, non sono riuscita a empatizzare con lui. Ora dirò qualcosa che magari mi metterà in cattiva luce ai vostri occhi perché potrei suonare giudicante. E forse lo sarò veramente.
Ho detestato il concetto di autismo come malattia perché non lo è, è un disturbo del neurosviluppo e quindi non si guarisce. Eppure, nel libro, viene ripetuto in continuazione dal padre di Andrea che vorrebbe che ci fosse una cura e che spera che venga trovata. Il figlio, almeno da quanto emerge dai dialoghi (che possono avere quasi solo scrivendo a pc), sembra profondamente influenzato da questa visione. Forse sono ignorante io, ho poca esperienza con le persone con un disturbo dello spettro autistico, non sono un genitore e non aspiro a diventarlo, però l'atteggiamento di Franco nei confronti del figlio mi ha disturbato, a volte. Soprattutto perché sembra non aver mai chiesto un supporto per accettare la diagnosi del figlio in ben 15 anni. Quindi, per quanto sia bello quello che fanno tutt'ora, questa storia del loro viaggio in America non mi ha trasmesso tantissimo se non il privilegio di poter fare un viaggio simile e una prova in più per convincermi che non tutti sono genitori realmente supportivi. Ma forse sono io il problema e non mi tiro indietro dal doverlo ammettere.
Voto: 2,5/5

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